10a Tappa Villaharta – Alcaracejos

16 giugno 2023
Percorsi 39 Km con 900 mt. di dislivello positivo

Stamattina alle 5 e 30 sono pronto al Bar per fare colazione, la cameriera poco empatica mi dice con può farmi il pane tostato (che poi farà ad altri). Qualcosa mangio e così posso partire con lo stomaco non vuoto.

Comincio subito a rifare i 2 km in salita verso il paese e da lì, sempre per asfalto continuo a salire diversi km fino al bivio che mi manda nella sierra. Fino all’arrivo non vedrò altro asfalto.

Si inizia per bel sentiero che diventa subito strada sterrata per poi deviare nuovamente su un sentierino in discesa fino a passare il guado del Rio Guadalbarbo per poi risalire in mezzo ai cespugli con buona pendenza fino a recuperare la strada sterrata.

Il bosco è tipico mediterráneo con querce, pini, ulivi, mirto, lecco ecc., per poi nella seconda parte manifestarsi la tipica dehesa estremegna. Incrocio conigli selvatici, trovo tracce di cinghiali (che sono appena andati a dormire).

Il percorso procede ora per una bella (auto)strada sterrata con leggere pendenza tant’è che dopo una sosta riesco a procedere diritto a un bivio e me ne accorgo solo dopo 2 km (quindi 4 in più).

Ritorno al bivio e da lì comincia un serie di duri saliscendi su strada rocciosa dapprima in mezzo agli ulivi per posi uscire in cima a un pianoro dove ai tempi esisteva un villaggio minerario per l’estrazione dell’argento. Ora stanno sistemando delle casette per adibirle anche a albergue per i pellegrini. Infatti ne hanno aperto uno privato ma solo per il sabato e la domenica, bah!

C’è anche una granja (fattoria) con cavalli, mucche e un paio di maiali neri che pascolano sotto le querce.

Lo sforzo, la distanza e il caldo cominciano a farsi sentire comunque tengo duro fino all’unica fonte presente sul percorso, messa da un privato sotto la sua fattoria. L’acqua è tiepida ma quando c’è sete si beve comuqnue. Sposto quindi lì dove hanno costruito una tettoia simile alle fermate degli autobus.

Altri km duri e nuova sosta per bere e far riposare i piedi che oggi hanno superato davvero una dura prova. Ma l’acqua sta finendo…

Ed ecco il guado sul Rio Guadalbarbo, c’è mezzo metro di acquista e per superarlo bisogna salire sugli appositi pilastri ni che hanno installato col rischio comunque di finirci dentro ma è andata bene.

Il nome del fiume Guadalbarbo deriva dall’arabo Wad al-Barb, che significa “fiume dei berberi”, frutto della presenza nell’area di queste tribù nordafricane durante i secoli di dominazione musulmana.  Grazie alle sue conoscenze idrauliche, in epoca andalusa furono installati decine di mulini ad acqua, con dighe, ruote idrauliche, paratoie e acquedotti che ne consentivano il funzionamento anche quando la portata era scarsa.

Da lì inizia la dura dehesa discese e salite continue non durissime ma sfiancanti e il sole batte!

Ancora una sosta e l’acqua è quasi finita ma mancano ancora 8 km circa, comincio a vederla dura.

Ma il cammino ti aiuta sempre, un paio di km più avanti trovo una fattoria con cancello aperto , entro e trovo due vecchietti che stanno passando la giornata li facendo manutenzione alla piscina (non capisco da dove arrivi l’acqua). Mi rifocillano a dovere e mi fanno il pieno anche della scorta. Gracias a mucha suerte abuelos!

Divido il percorso restante a metà per fare una sosta piedi e acqua e poi fare i 4 km finali su una infinita strada bianca.

Il paese si vedo solo alla fine superata una piccola altura e finalmente sono arrivato sano e salvo. Tappa massacrante sotto ogni punti di vista, ma questo è il cammino.

Alloggio nel solito hostal, tolti gli scarponi e rifocillato di liquido e bel pranzetto ristoratore per poi fare le solite attività e una bella dormita.

Alcaracejos, nome del paese sembra derivare dall’arabo al-qariya (villaggio o cascina), anche se potrebbe essere anche una deformazione fonetica di al-qasr (alcázar, fortezza).  Costruita su un antico crocevia, Alcaracejos ricevette il titolo di città nell’anno 1488. Nel 1649 scoppio una terribile epidemia di peste, in cui persero la vita due terzi dei suoi abitanti.
I dolci tipici di Alcaracejos sono i tirabuzones, nastri arrotolati di pasta fine che vengono realizzati dalle donne della Confraternita della Virgen de los Dolores;  la ricetta è un segreto di famiglia tramandato di madre in figlia.

Durante la Fiesta de la Matanza, che si tiene tra gennaio e febbraio, è possibile vedere il processo di taglio del maiale e come vengono realizzati i diversi prodotti che ne derivano (morcillas, chorizo…).  L’allevamento di maiali era un pilastro fondamentale dell’economia familiare, come si può vedere anche nel Museo de la Matanza, che ovviamente è chiuso.

A domani, tappa corta spero!

Ciao ciao.