26a Tappa – Granja de Moruela – Tàbara – Santa Croya de Tera

Km. 48 – 9 ore di cammino.
1 Pellegrino incontrato.
A Santiago mancano Km. 316 circa.

Serata passata nello squallore dell’unico bar del paese in attesa della cena.

Granja de Moruela è famosa non solo per essere la biforcazione tra la Via de la Plata e il cammino Sanabrese o Mozarabe (i Mozarabi erano i cristiani che vivevano nei domini arabi in Spagna prima della Reconquista ) ma anche perché a tre kilometri dal paesino ci sono i resti imponenti del primo convento circestense della Spagna, edificato nel secolo XII e successivamente andato in rovina durante la guerra civile spagnola; peccato non poterlo visitare sono altri 6 kilometri A/R.

Dormito abbastanza male ma almeno le gambe sono riposate e quindi si può ripartire anche oggi.

Come da indicazioni a lato della chiesa ci sono le segnalazioni per i due cammini, prendo verso ovest ma non si vede alcuna freccia, girovagando per il pueblo alla ricerca, butto via subito un paio di kilometri e mi innervosisco un po’: mai fidarsi delle indicazioni della gente e delle guide, è sempre meglio fare il solito sopralluogo la sera prima per partire sicuri.

Alla fine bastava riprendere il percorso di ieri e svoltare alla fine del paese, fatto ciò incontro un pellegrino francese che avevo visto al bar (chissà dove dormiva) anche lui allibito per la mancanza di indicazioni.

Per sentiero sassoso che riscalda subito i muscoli, si inizia a salire una montagna per ridiscendere ripidamente verso una strada provinciale e per poter passare il rio Esla su un bel ponte a otto arcate dal quale si gode uno splendido panorama sul fiume nella luce del primo mattino.

Per recuperare e ridurre i kilometri della tappa (si fa per dire) seguo l’itinerario per ciclisti sulla provinciale e, speditamente, mi dirigo verso la vallata di Tabara passando per il paesino di Faramontanos dove, da una stradina, esce un gregge di pecore che attraversano la strada con in testa cane e pastore di corsa0.

A Tàbara sosta per la colazione e per una foto alla Iglesia Parroquial de Santa María, del secolo XII dal campanile particolare; qui esisteva anche un famoso monastero fondato da San Froilán nel secolo IX, dove si dice che si riunissero oltre seicento monaci di entrambi i sessi.

Passando di nuovo i cantieri dell’AVE salgo per strade sassose verso i rilievo a ovest; arrivato in cima entro in un altopiano con querce, pascoli e campi coltivati a perdita d’occhio. Alla fine dopo lunghi, infiniti rettilinei con fondo regolare, nei pressi di un pilastro segnaletico decido di scendere per la variante che porta a Villanueva de Las Peras, altro paesino deserto con case diroccate dove però c’è il Bar “la Mona”, quale posto migliore per uno spuntino?

Mi fermo. Il bar che è anche un ottimo ristorante con annesso albergue propone nel menu un’insalata tropicale: aggiudicata con una cerveza ghiacciata formato charra muy fria, entrambe ottime.

Parlando con il proprietario scopro che è un cacciatore e cercatore di funghi. Qui abbondano i porcini da ottobre fino anche a dicembre e anche i cinghiali; mi fa subito vedere le foto di alcuni esemplari da lui uccisi tra cui uno di 130 kilogrammi.

Mi sarei fermato volentieri li sicuro di un’ottima cena e con ottimi vini ma ignorando le proposte insistenti dell’oste riprendo il cammino per gli ultimi otto kilometri.

Passo davanti a una serie di cantine scavate nella collina e ora usate come taverne, la filossera ha colpito anche qui ora si vede solo qualche piccola vigna ma un tempo c’erano sicuramente solo vigneti in questa zona.

Con un giro insensato per ricongiungersi con l’altro sentiero (bastava prendere la strada) salgo la ripida collina per poi ridiscendere con lunghi rettilinei su sterrato sassoso fino a Santa Croya, sotto un sole che scalda come a tempi di Siviglia.

Raggiungo il paese e l’albergue che è l’ultima casa dalla parte opposta.

Quarantotto kilometri sono veramente tanti quando in linea d’aria i kilometri tra i due paesi erano solo 28, basta guardare la mappa del percorso di oggi, che strani giri facevano i pellegrini di una volta.

Ora sono riposato e posso anche andare a cena e pubblicare questa pagina.

Ciao ciao, a domani

“Si decide in fretta di essere amici,
ma l’amicizia è un frutto che matura lentamente.”
Aristotele

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