27a Tappa – Santa Croya de Tera – Olleros de Tera – Monbuey

Km. 37 – 7,10 ore di cammino.
Nessun Pellegrino incontrato (trovate tracce di giornata).
A Santiago mancano Km. 280 circa.

Cena e serata passate nell’albergue “Anita” in compagnia di Ana e David persone squisite, disponibili e ospitali.

Nell’albergue due pellegrine olandesi a cavallo, che risiedono in Spagna, hanno appena terminato un murales che raffigura una maga (Babayaga?) sulla parete arancio di fronte a dove ho cenato, veramente bello e oggetto della foto con i due amici.

C’è anche un pellegrino canadese di origine cinese che è lì fermo da alcuni giorni a seguito di un incidente; ha un disastro di punti di sutura in testa, chissà cosa ha combinato.

Ottima cena seguita dalla visione delle mie foto parlando del cammino, della situazione economica di Italia e Spagna e delle prospettive future; David andrà a lavorare tre mesi in Svezia perché qui non c’è proprio lavoro.

Queste chiacchierate aiutano a imparare sempre qualche nuova parola in spagnolo tanto che, a forza di parlare, ci siamo dimenticati di stendere il bucato ad asciugare; poco male provvediamo a ciò nel sottoportico tanto con il vento che si è alzato domani sarà tutto asciutto.

Ana è così cortese da prenotare una camera per domani in un hotel a Monbuey, non si sa mai…

Durante la notte arriva un temporale, tuoni e fulmini e tanta acqua, speriamo non continui.

Alle 5,30 non piove, mi preparo e mentre sto per uscire inizia a diluviare. E’ buio pertanto decido aspettare un po’ di luce nella speranza che smetta. Alle 7 pioviggina ma bisogna partire, mi attrezzo con il poncho e ghette e dopo un paio di manovre mi sistemo e parto.

Neanche 5 minuti e il diluvio si scatena!

Visita esterna alla chiesa romanica di Santa Marta de Tera dove, su un portale, si trova la statua più antica di Santiago pellegrino, non si può mancarla. Individuata la chiesa sul portale principale non c’è, faccio tutto il giro del cimitero e finalmente la trovo nel portale opposto. La statuetta, veramente in perfetto stato, merita proprio di essere il simbolo del cammino Mozarabe.

Altra curiosità di questa chiesa riguarda il miracolo della “Luz”, esiste una fessura da poco scoperta dalla quale, solo nei due giorni degli equinozi di primavera e autunno, entra un raggio di luce che illumina un capitello alla sinistra dell’altare.

Sotto il diluvio il percorso odierno, veramente ben segnalato dal primo all’ultimo metro, si snoda per stradine allagate seguendo il corso del Rio Tera; mi muovo in mezzo a una serie continua di pioppeti da un lato e la sponda del Rio dall’altro.

Con il poncho e questa giornata è impossibile fare foto ed è anche difficile procedere tenendo il solito passo, ma il pellegrino non si ferma mai!

Dopo due ore smette, tolgo tutto e finalmente si respira; è un’illusione perché neanche cinquecento metri e ricomincia, tocca ricominciare le manovre di vestizione.

Passata la statale, un ponte mi porta sull’altra sponda del Rio e seguendo una stradina che costeggia un canale di irrigazione, ad una svolta spunta davanti a me un tasso, un attimo di incertezza e sparisce nella vegetazione; peccato l’avrei volentieri fotografato e salutato, ma forse lo vedrò presto.

Arrivo a Calzadilla e subito dopo a Olleros de Tera, altro paesino semidisabitato e con molte case in rovina dove trovo un bar aperto, sembra impossibile ma è veramente ben tenuto e pulito, sosta quindi per la colazione.

Chiedo sempre le stesse cose: pan tostato, mantechilla e marmelada con caffè americano, prezzi variano da 1,50 euro a 5 euro, chissà che criteri usano? Oggi comunque è andata bene siamo a 1,80 con pane e burro abbondanti.

Non piove più, quindi procedo spedito per stradine di campagna a volte infangate ma abbastanza percorribili.

Passo per l’ermita de Nuestra Señora del Agavanzal, chiusa e procedo verso la diga e embalse(lago) omonime.

Ad una curva della stradina le segnalazioni mandano a un sentiero che scende verso il rio, sembra bene per cui procedo, dopo alcuni minuti il sentiero è ostruito dalla vegetazione, mi bagno da capo a piedi, un bel pediluvio visto che gli scarponi sono impermabili solo di nome; poi con molta calma e kilometri si asciugheranno.

Il sentiero costeggia il rio con belle viste, peccato per il brutto tempo, e poi risale verso la diga lunga 700 metri che attraverso, ammirando il lago nelle sue ramificazioni.

Per una stradina di servizio costeggio il lago fino ad arrivare a Villar di Farfon, località semiabbandonata dove un tempo, prima della diga, c’erano diversi mulini. Cosa impensabile: come ultima casa c’è un piccolo albergue per pellegrini veramente ben curato con un giardino fiorito. Particolarità del luogo: lungo i muri diroccati sono fiorite parecchie rose di colore “rosa”: belle!

È mezzogiorno spunta un pallido sole, poco dopo ricomincia a piovere, altre manovre. Smette di nuovo, speriamo sia la volta buona!

Per bella stradina di campagna in mezzo a vegetazione spontanea e prati abbandonati arrivo a Rionegro del Puente, si passa ovviamente il rio Negro (è veramente nero!) e si sale nel paesotto di 300 anime, il più popolato di oggi, che ha dato i natali a Diego de Losada, conquistatore e fondatore di Caracas e del porto di Caraballeda.

In uscita dal paese un vecchietto mi insegna una scorciatoia, poi segnata, che passando sotto l’autostrada mi risparmia un buon kilometro.

Seguendo un sentiero in mezzo a campi abbandonati per nove  kilometri arrivo finalmente a destinazione con nuvoloni neri in vista e qualche tuono: anche per oggi ce l’abbiamo fatta.

Sistemazione  comoda in hotel (che squallore: dal locale al personale di servizio), solite cose e scrittura di questa pagina.

A domani ciao, ciao.

Adesso vediamo se l’Italia passerà il turno.

“Gli amici hanno bisogno uno dell’altro
proprio come un fiore ha bisogno della pioggia
per aprirsi e mostrare la sua bellezza.
L’amicizia dovrebbe essere un preziosa carezza
di cui non puoi fare a meno.”

Sergio Bambaren

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